Ultima discussione dell’anno
A me il libro è piaciuto, come introdotto da @ninja.banshee è una feel good novel, che poi in italiano è traducibile con presa a bene, storie che si intrecciano di notte, dove tutto è un po onirico, ovattato, dove il confine tra realtà e sogno a volte è labile in una città che realmente non dorme mai.
Onirico anche l’intreccio, il modo in cui i personaggi vengono in contatto, stringono relazioni, le vedono indebolire e rinforzarsi, si perdono o si ritrovano.
Mi ha fatto piacere leggerlo, scorrevole a tratti etereo.
Sono, tendenzialmente, un notturno. Per me vengono prima i cieli stellati e poi quelli azzurri. Di notte mi sembra di ragionare con maggiore lucidità e profondità mentre di giorno tendo a distrarmi. Quindi le storie ambientate di notte, specialmente se si tratta di una sola notte, di solito mi piacciono. Leggendo “Buonanotte Tokyo” mi è subito venuto in mente un cartone animato: “The night is short, walk on girl” (2017). Perché è ambientato a Kyoto, si svolge in una sola notte ed è una storia basata su incontri, coincidenze e casualità e quindi molto in sintonia con quello che stavo leggendo. Aggiungo che la grafica del cartone animato è davvero originale ed è chiaramente un omaggio alle suggestioni della psichedelia. Guardatevi il trailer. Tornando al libro la storia e i personaggi non sono di quelli indimenticabili ma hanno per me un certo fascino in quanto le azioni si svolgono in un contesto sociale e culturale molto diverso dal mio e che, meschino, conosco poco. Anche quando nella trama sembra non accada nulla di interessante mi viene sempre il dubbio che mi sia perso qualcosa e che, per le profonde diversità esistenti tra la cultura e la società giapponese e la nostra, non abbia capito abbastanza i personaggi e le loro azioni. Per cui, alla fine della lettura di libri come questo, mi resta sempre qualche piccolo o grande dubbio che però considero un fatto positivo perché per me è sempre piacevole scoprire qualcosa di diverso.
Non saprei come iniziare oltre a dire che il libro mi è sì piaciuto ma lo valuterei nella media di un buon libro che si fa leggere.
Non sono un gran fruitore di prodotti culturali nipponici ma ho la sensazione questo “culto” per le piccole cose e l’attenzione alle relazioni, rappresenti un argomento molto caro al Giappone. Tutto questo per dire che ho visto film (es. “Il gioco del destino e della fantasia”) e fumetti più efficaci su questo rispetto a Buonanotte Tokyo.
Però rimango affascinato dagli stratagemmi trovati per incastrare e collegare tutto gli incontri tra i vari personaggi; inoltre ho apprezzato anche la volontà dell’autore di non voler chiudere necessariamente tutte le storie come fosse un calcolo matematico per cui alla fine i conti tornano senza disavanzi vari.
Insomma, trovo che questo libro aldilà che possa essere etichettato come “bello o brutto” in assoluto vada anche valutato sulla base di una certa necessità di trasmissione di un umore; e personalmente, un po’ di presabenismo mi ci voleva
Esatto anche io non dico che sia un capolavoro, ma alla fine mi ha fatto prendere bene il viaggio in treno verso il lavoro ed il ritorno verso casa, ci vogliono libri così ogni tanto
Confermo: libro semplice, rilassante, lineare che si legge in poco tempo, ma cavolo quanto ho trovato difficile ricordarmi i nomi giapponesi tanto che li trovavo tutti uguali e mi si confondevano i personaggi (sarà forse anche a causa del fatto che l’ho letto a distanza di più giorni).
Comunque gli intrecci, l’atmosfera onirica e alcuni personaggi, come il signor Ibaragi con il suo curioso modo di attribuire nomi fantasiosi agli oggetti rotti e vecchi, sono stati particolarmente piacevoli.
Ho apprezzato meno l’ultimo capitolo, che riassumeva gli eventi accaduti un anno dopo: sembrava quasi un tentativo frettoloso di concludere, in netto contrasto con il ritmo più disteso del resto del libro.
Mi associo a quanto detto fino a ora. È stata una lettura piacevole e leggera, in cui, conoscendo un po’ la letteratura giapponese, ho ritrovato alcune cose che mi piace incontrare leggendo. La prima è l’atmosfera rarefatta, in questa serie di storie non succede nulla a ben vedere che esca fuori dall’ordinario della vita dei singoli personaggi, il fluire delle cose, anche a distanza di tempo, li porta ad un certo punto in un certo luogo, e a incontrarsi tra loro, o a sfiorarsi in alcuni casi. Senza nessuna fretta attendono che qualcuno sparito misteriosamente si rifaccia vivo, o che dal passato qualcuno riemerga rischiarando una memoria che sembra irrimediabilmente compromessa. Vivono un po’ vite al contrario, il che li pone già in una posizione “strana” rispetto a chi ha una vita pressochè diurna. Fare il tassista di notte, o avere un ristorante aperto h24, o rispondere alle chiamate notturne di persone in difficoltà, o meglio ancora, trovare oggetti di scena per ogni necessità, rende già di per sé anomale queste persone, per quanto anomalo possa essere considerato in una città che è totalmente attiva anche di notte. E qui entra il discorso della lontananza culturale. Avere una città sveglia anche di notte è un concetto abbastanza lontano anche per chi vive in posti come Roma, enorme agglomerato che però a un certo punto si addormenta. Sapere che esiste un certo numero di persone che per varie ragioni di notte non dorme è già qualcosa di onirico. Il confine tra realtà e sogno si fa molto labile in questi racconti, e il personaggio che più mi è sempbrato interessante è Ibaragi, che cerca di cambiare funzione agli oggetti rotti cercando di venderli di notte, è un po’ come lo spostamento semantico che subiscono gli oggetti durante un sogno.
Non ci avevo pensato, e ora mi piace ancora di più il personaggio di Ibaragi!
Leggendo “Buonanotte Tokyo” mi è subito venuto in mente un cartone animato: “The night is short, walk on girl” (2017)
Premessa: non sapevo che film cartone fosse fino a che non sono andato a vedere il trailer. Anch’io mentre leggevo il libro avevo in mente come riferimento Yuasa, regista di cartoni che gioca moltissimo sul dualismo casualità/destino; però pensavo ad altri suoi avori, tipo Tatami Galaxy o Mind Game.
E non solo scopro con piacere che è lo stesso regista, ma mi sembra anche che il film riprenda la storia di Tatami Galaxy - che però è una miniserie a differenza di “the night is short, walk on girl” - nella controparte femminile: dal punto di vista della ragazza!
Una piacevolissima e casuale (o no) scoperta, grazie!
Inutile aggiungere che consiglio vivamente la visione delle opere di Masaaki Yuasa