Paco Ignacio Taibo II (PITII) è uno dei miei scrittori (viventi) preferiti e quindi sarò poco imparziale, prolisso e noioso. Sappiatelo.
Ho letto buona parte di quello che ha scritto PITII (anche in spagnolo) ma ho iniziato ad apprezzarlo solo dopo aver letto “Come la vita”. Libro che ho scelto per vedere se, dopo più di venti anni dalla mia prima lettura, mi piacesse ancora e non sono rimasto deluso, anche se oggi non lo considero il suo libro migliore. Ha però ancora il pregio di concentrare in poche pagine molte delle idiosincrasie dell’autore. Dall’amore per il genere “giallo/noir” a quello per il Messico e i suoi abitanti, dalla passione politica a quella per la “Coca Cola”, dalle conoscenze storiche a quelle letterarie, mostrando una buona capacità di mescolare tutto insieme usando un linguaggio chiaro e senza eccessive complicazioni.
Per apprezzarlo meglio bisogna sapere almeno che PITII è conosciuto in Messico e altrove per la serie di romanzi che hanno come protagonista Hector Belascoarán Shayne, un detective “indipendente” (non un detective “privato”!) che si è diplomato in una scuola per corrispondenza. Racconta la leggenda che dopo aver fatto morire il suo personaggio, l’autore fu costretto a riportarlo in vita a furor di popolo… una storia che mi sembra già di aver letto da qualche parte Belascoarán è stato protagonista di due film per la TV nel 1979, di tre nel 1994-5 e della inevitabile serie Netflix nel 2022.
Il protagonista di “Come la vita” è fin troppo chiaramente lo stesso autore che gioca a immaginarsi nei panni di una improbabile Capo della Polizia Municipale sullo sfondo di un Messico fin troppo probabile. Un paese estremamente violento e passionale, dove le profonde contraddizioni sociali costituiscono la struttura portante della trama e del carattere dei suoi personaggi, estremi quasi al limite della caricatura. Ma, al contrario di quello che accade spesso, la storia riserva alcune sorprese rispetto ai canoni classici del genere.
Per esempio il “cieco”, descritto fin dall’inizio come un abilissimo tiratore, non si esibisce mai in un risolutivo colpo eccezionale e decisivo. O anche il fatto, davvero inusuale, che l’investigatore non conoscerà mai di persona il cattivo che ha orchestrato tutto. Ma del resto cosa ci si poteva aspettare da un protagonista che, nonostante la sua specializzazione in delitti “letterari”, non fa altro che rincorrere il susseguirsi degli eventi di una storia che si risolverà (quasi) da sola senza bisogno delle capacità eccezionali di induzione/deduzione di un detective? Infine, al termine della vicenda, a finire in galera non sono i colpevoli ma è il detective e i suoi sodali, cosa decisamente inusuale.
Insomma una storia che anche se fa ampiamente uso dei luoghi comuni del genere lo fa spesso in modo sfacciatamente non convenzionale, usando anche tre linee narrative che contribuiscono a inserire elementi utili allo sviluppo della vicenda rendendola più movimentata.
A partire dalle note il testo è costellato di rimandi e citazioni, più o meno espliciti, soprattutto alla letteratura di genere e non mancano i riferimenti diretti e indiretti a scrittori più o meno famosi, numerosi anche i rimandi cinematografici. Lo so che questo fa parte degli espedienti usati da chi scrive per ingraziarsi chi legge ma in questo caso è quasi sempre un gioco a carte scoperte.
In conclusione, come già scritto, non si tratta del libro migliore di PITII, io preferisco “La bicicletta di Leonardo” e “Ombre nell’ombra” per quello che riguarda la narrativa e “Que sean fuego las estrellas” (in spagnolo) per quello che riguarda la storia e la politica. Tre “regali della Befana” in ritardo nel caso a qualcun* sia piaciuto “Come la vita” e voglia leggere altro.
E mi fermo qui solo perché sono una persona buona