Come la vita - Discussione

Dopo la proroga partiamo con la discussione di Come la vita di Taibo (per gli amici)
Il libro è scorrevole, a tratti anche molto divertente, una lettura leggera ma che tocca temi importanti, quale la libera amministrazione cittadina, l’essere esempio in certi sensi virtuoso che risulta scomodo tanto da attendere il primo scivolone per cercare di infilare l’esercito a controllare tutto.
Le lotte per le terre da parte dei braccianti, la rivoluzione, l’estrema corruzione delle forze dell’ordine “federali”.
Il tutto raccontato da una persona inadatta a ricoprire quel ruolo se non per meriti letterari, che però ci si cala anima e corpo.

Il libro mi è piaciuto, forse conoscere di più la politica messicana mi avrebbe aiutato ad apprezzarlo meglio.

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Molto allineato con la rece di @twisterrm, aggiungo solo che mi ha gasato assai.

Non saprei spiegarlo meglio ma mi gustato il tema ricorrente della “collegialità” nel far fronte alle sfide cittadine (poi, chiaro che ci sono dei picchi di protagonismo da parte dello scrittore): per dire, l’episodio dell’indagine sul cadavere dell’americana svolta in maniera partecipata dai presenti, per quanto fosse grottesca o comica (a seconda di come la vediate) la situazione, è stato un passaggio che ho adorato.

Purtroppo la quasi totale ignoranza delle vicende politiche Messicane (tra l’altro mai da fonti nostrane) non mi ha aiutato in certi passaggi, nonostante nella mia versione ho trovato note che davano una leggera inquadrata a certe cose.

Probabilmente il motivo per cui mi è gustato l’ha detto Taibo stesso:

Ecco cosa mi piace di questo libro, che non c’è una fine, che non si conclude, che, come ti dicevo dei miei giorni a Santa Ana, è come la vita.

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Mi ritrovo anche io con la recensione di @twisterrm. Il libro era molto scorrevole e piacevole ma l’unica nota dolente è non riuscire a calarsi perfettamente nella storia in quanto buona parte della vita e della politica messicana, con tanto di note esplicative ma sintetiche, mi risultava sconosciuta.

C’è da dire, però che, come la vita, in questo romanzo non accade nulla di nuovo perchè la vita alla fine non è nulla di nuovo.

Mi è piaciuto come lo scrittore abbia usato la tecnica della meta-narrazione mentre faceva scrivere allo scrittore/capo della polizia le lettere alla moglie. Infatti, alla fine, per fare una recensione del libro che ho letto basterebbe leggere alcune di quelle parti:

“Santa Ana è un posto dove non succede niente perché succedono molte cose, e dove accadono molte cose perché non accade nulla.” E infatti: “«Qualcosa si sta muovendo anche se non ce ne accorgiamo, e sarà una cosa grossa. C’è troppa quiete».”

“E una storia di delitti orrendi, ma non sono questi che contano, bensì (come in tutti i romanzi polizieschi messicani) il contesto. Qui è raro chiedersi chi sia stato ad uccidere qualcuno, perché l’assassino non è colui che ordina la morte. C’è una distanza tra l’esecutore e il mandante. Quello che conta, quindi, è il perché.”

“Il bello del romanzo è che lo sceriffo non scopre niente, le cose accadono e basta. Ecco cosa mi piace di questo libro, che non c’è una fine, che non si conclude, che, come ti dicevo dei miei giorni a Santa Ana, è come la vita.”

“fine del romanzo: lo sceriffo di paese non riesce a capirci niente anche se, senza volerlo, scopre tutto. I cattivi della storia si ammazzano tra loro e lui resta a guardare l’ecatombe.”

“La storia è piuttosto complicata. Non so ancora se mi piacerebbe scriverla, credo di no, non fa presa, non ha una struttura drammatica, i personaggi negativi (come direbbero i miei amici cubani) sono sfumati. Non credo che mi piacerebbe scriverla.”

Alla fine Canales, Fritz e il suo vice Barrientos vanno in prigione solamente per diverse vedute politiche, ma in mezzo a tanta ingiustizia il protagonista è comunque un uomo felice.

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Paco Ignacio Taibo II (PITII) è uno dei miei scrittori (viventi) preferiti e quindi sarò poco imparziale, prolisso e noioso. Sappiatelo.

Ho letto buona parte di quello che ha scritto PITII (anche in spagnolo) ma ho iniziato ad apprezzarlo solo dopo aver letto “Come la vita”. Libro che ho scelto per vedere se, dopo più di venti anni dalla mia prima lettura, mi piacesse ancora e non sono rimasto deluso, anche se oggi non lo considero il suo libro migliore. Ha però ancora il pregio di concentrare in poche pagine molte delle idiosincrasie dell’autore. Dall’amore per il genere “giallo/noir” a quello per il Messico e i suoi abitanti, dalla passione politica a quella per la “Coca Cola”, dalle conoscenze storiche a quelle letterarie, mostrando una buona capacità di mescolare tutto insieme usando un linguaggio chiaro e senza eccessive complicazioni.

Per apprezzarlo meglio bisogna sapere almeno che PITII è conosciuto in Messico e altrove per la serie di romanzi che hanno come protagonista Hector Belascoarán Shayne, un detective “indipendente” (non un detective “privato”!) che si è diplomato in una scuola per corrispondenza. Racconta la leggenda che dopo aver fatto morire il suo personaggio, l’autore fu costretto a riportarlo in vita a furor di popolo… una storia che mi sembra già di aver letto da qualche parte :wink: Belascoarán è stato protagonista di due film per la TV nel 1979, di tre nel 1994-5 e della inevitabile serie Netflix nel 2022.

Il protagonista di “Come la vita” è fin troppo chiaramente lo stesso autore che gioca a immaginarsi nei panni di una improbabile Capo della Polizia Municipale sullo sfondo di un Messico fin troppo probabile. Un paese estremamente violento e passionale, dove le profonde contraddizioni sociali costituiscono la struttura portante della trama e del carattere dei suoi personaggi, estremi quasi al limite della caricatura. Ma, al contrario di quello che accade spesso, la storia riserva alcune sorprese rispetto ai canoni classici del genere.

Per esempio il “cieco”, descritto fin dall’inizio come un abilissimo tiratore, non si esibisce mai in un risolutivo colpo eccezionale e decisivo. O anche il fatto, davvero inusuale, che l’investigatore non conoscerà mai di persona il cattivo che ha orchestrato tutto. Ma del resto cosa ci si poteva aspettare da un protagonista che, nonostante la sua specializzazione in delitti “letterari”, non fa altro che rincorrere il susseguirsi degli eventi di una storia che si risolverà (quasi) da sola senza bisogno delle capacità eccezionali di induzione/deduzione di un detective? Infine, al termine della vicenda, a finire in galera non sono i colpevoli ma è il detective e i suoi sodali, cosa decisamente inusuale.

Insomma una storia che anche se fa ampiamente uso dei luoghi comuni del genere lo fa spesso in modo sfacciatamente non convenzionale, usando anche tre linee narrative che contribuiscono a inserire elementi utili allo sviluppo della vicenda rendendola più movimentata.

A partire dalle note il testo è costellato di rimandi e citazioni, più o meno espliciti, soprattutto alla letteratura di genere e non mancano i riferimenti diretti e indiretti a scrittori più o meno famosi, numerosi anche i rimandi cinematografici. Lo so che questo fa parte degli espedienti usati da chi scrive per ingraziarsi chi legge ma in questo caso è quasi sempre un gioco a carte scoperte.

In conclusione, come già scritto, non si tratta del libro migliore di PITII, io preferisco “La bicicletta di Leonardo” e “Ombre nell’ombra” per quello che riguarda la narrativa e “Que sean fuego las estrellas” (in spagnolo) per quello che riguarda la storia e la politica. Tre “regali della Befana” in ritardo nel caso a qualcun* sia piaciuto “Come la vita” e voglia leggere altro.

E mi fermo qui solo perché sono una persona buona :slight_smile:

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Anche io mi aspettavo un gran tiro del Cieco a risolvere qualche situazione spinosa, mi chiedevo anche come con dei fondi di bottiglia sugli occhi potesse essere tanto preciso, ma non lo sapremo mai

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Ecco, per me invece la storia era carina ma leggera e non conoscendo l’autore e i suoi libri non mi aspettavo molto. Il cieco per me era un soprannome come tanti e non mi aspettavo un chissà che colpo risolutivo… dato il genere sopra le righe per me era un po’ tutto esagerato. Forse in terra natia avrà avuto il suo giustissimo seguito, ma questo mi fa pensare che autori di nazioni diverse possano coinvolgere diversamente il proprio pubblico.
Faccio una piccola digressione: io spesso rimango affascinato da come ogni nazione ha il proprio mondo: mi spiego meglio. Adoro ascoltare su Spotify le hitlist per varie nazioni (a tal proposito mi sono comprato anche una buffa radio “the City Radio” di Palomar che con un tasto puoi ascoltare le radio di una qualsiasi nazione del mondo), oppure scoprire che se in Italia lo sport nazionale è il calcio in altri può essere il cricket, la lotta, il calcio gaelico, il rugby o il badminton (Sport nazionale - Wikipedia). Questa affascinante relatività delle culture si riflette anche nel cibo, nelle tradizioni, nell’arte, nelle lingue ma anche nelle festività. Ogni cultura ha le sue unicità che la rendono speciale
Ogni cosa è relativa e questo mi affascina. Per questo accolgo con favore un libro che mi porta nel suo mondo ma ovviamente non potrò mai apprezzarlo quanto un libro di uno scrittore italiano, come un Camilleri, che attinge ispirazione dai paesaggi e dai paesi della Sicilia per i suoi libri.

Non ho molto da aggiungere a quanto già scritto. Lettura gradevole, ho apprezzato i capitoli brevi (anche se quelli riguardanti la breve storia di santa Ana un poco meno, ma mi mancano probabilmente molti elementi sulla storia messicana)

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L’ho trovato divertente, una lettura leggera e una storia abbastanza avvincente anche se un po’ confusionaria. Ho avuto un po’ di difficoltà con la storia e i riferimenti messicani ma l’ho trovato lo stesso godibile. Non mi piacciono molto i libri che s’interrompono spesso (come le lettere che JD scrive alla moglie e i piccoli resoconti di storia di Sant’Ana) nonostante alcune siano interessanti e utili a capire il contesto. Preferisco i libri scorrevoli e uniformi (ma è una cosa mia). Mi è piaciuto il modo con cui l’autore riesce a maneggiare la violenza di quei luoghi, con leggerezza e ironia, ma senza rinunciare alla drammaticità. Mi sono piaciuti anche i personaggi comprimari, molto caratteristici e ben “disegnati”. Bella l’idea un po’ utopica di un paesone “rosso” che resiste quando tutto attorno è corruzione, violenza e malaffare, riuscendo persino a migliorare la vita dei cittadini. Altra cosa che mi ha colpito è la semplicità e naturalezza con cui descrive la capacità dei cittadini e amministrazione di affrontare pericoli e morte per difendere ideali e giustizia. Mi ha stimolato alcune corde sopite da tempo.

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Aggiungo alcune cose a quello che ho già scritto. Non sono mai stato in Messico, ma nemmeno in Irlanda (per dire) e quindi le cose che conosco in proposito le ho imparate leggendo di storia, cronaca e letteratura. Sicuramente il libro si apprezza un po’ di più conoscendo un minimo quel paese ma la cosa non è poi tanto diversa da leggere libri di scrittori inglesi e francesi e non essere mai stati a Londra o Parigi.
Entrando nello specifico del libro e quindi a prescindere dall’ambientazione va notato, tra le tante cose, che l’autore mette sempre in risalto la profonda differenza tra la finzione letteraria, nello specifico il genere “giallo/noir” e la realtà della vita dicendoci (secondo me) che anche il migliore degli investigatori non potrebbe mai realmente sconfiggere i “cattivi” reali, come invece succede quasi sempre nei romanzi. E per sostenere questa tesi che PITII decide di trasformare il suo alter-ego in un capo della polizia municipale. Il libro, come ha notato @yaku ha un chiaro sottofondo politico che privilegia l’azione corale come segnalato da @ninja.banshee allo sforzo individuale del super-detective di tante storie classiche e contemporanee. L’ho già scritto ma lo ricordo di nuovo che PITII è anche uno “storico” nel senso non accademico del termine e quindi ha una capacità di maneggiare materiali che è superiore a quella di molti altri scrittori e scrittrici e questo gli permette di costruire delle ambientazioni che sono realistiche anche se fanno da sfondo a storie inventate.

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E comunque la scena in cui JD e il sindaco discutono da ubriachi marci e vomitano a turno nel lavandino è semplicemente epica :grin: :wine_glass:

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A me il libro è piaciuto, l’ho letto in spagnolo/messicano e a parte qualche parola che ho dovuto cercare, non ho incontrato grosse difficoltà. Devo dire che la cosa che più mi è piaciuta è l’ironia presente dall’inizio alla fine, in alcuni punti mi ha fatto proprio ridere. Mi associo a quello che qualcun@ ha già detto, il momento in cui tutta la popolazione partecipa all’indagine è qualcosa di talmente surreale che poteva essere partorita solo dalla mente di uno scrittore(capo di polizia per caso) e dimostra anche come tutto l’impianto della narrazione sia in qualche modo affidata ad una conduzione corale, comunitaria, più che del detective singolo. E il punto in cui il sindaco si ubriaca sulla scia di JD ha una connotazione molto particolare per me, non solo come diceva @yaku è una scena epica, ma rappresenta anche il mettersi allo stesso livello di due figure fondamentalmente diverse, una del tutto inglobata nella vita di Santa Ana, che ha scelto di stare lì, l’altra invece che sta lì suo malgrado, solo perché essendo un personaggio pubblico probabilmente non sarebbe stato ucciso. Ecco in quel momento secondo me quelli sono due mondi che si uniscono, un po’ come dire che la vita fuori dal paese e quella dentro al paese trovano in quelle due menti alterate dall’alcol un punto di unione.
Un’altra cosa che ho trovato interessante è il rapporto con la moglie, un rapporto vivo e attivo all’inizio, che poi però diventa a senso unico: è JD che scrive alla moglie, ma lei a quanto pare non risponde mai, non gli manda mai le cose che lui chiede e alla fine JD parla di divorzio. Anche qui c’è tanta ironia.
Probabilmente ne leggerò altri di Taibo, magari cercando di approfondire un po’ la storia politica del Messico, la mia edizione non aveva note e mi son dovuta andare a cercare tutto, però anche questo l’ho trovato interessante, alla fine ho scoperto cose che ignoravo totalmente. Grazie a tutti perché leggendovi vedo sempre sfaccettature nuove dei libri che leggiamo insieme, e a @pepsy in particolare per la spiegazione sull’autore. Ammetto che, prima di questo libro, non conoscevo Taibo, non l’avevo proprio mai sentito nominare, quindi per me è stata una scoperta non solo letteraria ma anche dal punto di vista storico e politico del Messico, dato che lo scrittore è in realtà un vero e proprio storico.

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