Il caso dei libri scomparsi - Discussione

Libro divertentissimo :slight_smile:
Mi è piaciuto il modo così spiritoso nel raccontare dagli occhi di un “forestiero” le abitudini, le manie e le “stranezze” di una popolazione molto vicina geograficamente e in teoria politicamente (parlando di governo centrale) ad Israel ma il realtà così lontana.
Israel è goffo, inetto, un bibliotecario che inizialmente sembra un avido ed erudito lettore che viene preso spesso in fallo proprio sul suo campo anche da Brian, è di fatto un inetto che riesce a malapena a sollevare la testa nel finale.
Ripeto che mi ha molto divertito sotto molti aspetti.

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Il libro lo avevo già letto e, nel ricordo, mi sembrava un titolo adatto al mese di agosto. Rileggendolo però mi sono reso conto che nella mia testa avevo fatto un mischione di tutti e quattro i libri della serie del Bibliobus e che forse il primo non è il migliore. Comunque il libro è di veloce lettura e abbastanza gradevole anche se il protagonista forse è un po’ troppo sfortunato, fin dall’inizio, condizione che si aggrava per le disavventure che gli capitano nel corso della storia. E, come spesso accade per i personaggi sfortunati, il protagonista diventa automaticamente simpatico. L’ambientazione irlandese influenza fortemente, nel bene e nel male, tutti i personaggi che - in un modo o nell’altro - pagano il loro tributo ai luoghi comuni relativi a quella terra, alla sua storia, alla sua cultura e ai rapporti con il Regno Unito. La storia è anche una satira chiarissima della burocrazia pubblica e dei politici che ritengono la cultura (e quindi le biblioteche) qualcosa che si possa trattare con gli stessi criteri che si usano per gestire una fabbrica di tappi. Il riferimento alla situazione italiana è voluto.
Il libro non è certo un capolavoro ma una amena lettura estiva che dovrebbe piacere soprattutto a chi ama i libri, le biblioteche ma non necessariamente i/le blibliotecari/e :wink:
Una cosa strana sono le note, che non esistono nella edizione originale, note che vengono usate per fornire informazioni anche su libri e personaggi che dovrebbero essere alquanto noti (tipo Moby Dick), tenuto anche conto del fatto che un* che legge un libro con quel titolo deve avera almeno una vaga conoscenza dei libri… mentre invece non vengono ritenuti degni di spiegazioni altri termini più moderni (tipo Agent Provocateur) forse perché considerati più familiari ai lettori e alle lettrici più giovani. Nell’edizione originale c’è una lunga lista di ringraziamenti che vanno, in ordine alfabetico, da Robert Altman a Reiner Zimnik.

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Io all’inizio sono rimasta un po’ infastidita dalla quantità di aggettivi e avverbi usati per descrivere la situazione, l’ambientazione o lo stato d’animo di Israel, cosa che mi ha reso un po’ antipatico il personaggio. Un modo di scrivere che lascia poco all’immaginazione (sarebbe un ottimo scrittore di alt-text :sweat_smile: ). Poi continuando a leggerlo le cose sono cambiate ed è diventato tutto molto più scorrevole e divertente. Storia comunque molto carina e dal finale prevedibile, tranne forse nell’ultimo capitolo quando ha ripetuto talmente tante volte che sarebbe tornato a Londra che, ad un tratto, un piccolo dubbio sul finale l’ho avuto.

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Forse sono una amareggiata e una guastafeste, ma non mi è piaciuto. All’inizio pensavo che fosse scorrevole e divertente, ma poche pagine dopo ho pensato che l’estereotipo del cittadino che arriva in un piccolo paesino è già esaurito. Calpesta cacca di cane e di mucca e cade su la cacca delle galline, perché quello è un paesino, non una grande città. Sembra che nessuno sappia ascoltare e mantenere una conversazione coerente e non ho capito certa ostilità di alcuni personaggi nei confronti di Israel. Forse l’ospite non è contenta perché la morte dei suoi genitori ha tagliato il suo futuro promettente, ma non mi sembra una buona ragione per essere sgradevole con il bibliotecario. Tutti sono cristianissimi e non solo rimproverano le bestemmie di Israele, ma pare che nemmeno caspiscano che sia ebreo. L’immagine dei “contadini” (non conosco la parola giusta in italiano, mi dispiace) non è lunsinghiera. Non ho visto differenze culturali, ma gente con idee fisse, irreale.

Il problema è che anche il protagonista è un cretino. Compra un libro su Amazon e non riesce a cercare su Internet una mappa online? Perché parla del IRA quando già c’è la pace? Quel passaggio sulla macchinetta per la vendita dei preservativi è un arcaismo. Posso capire che lui non abbia abilità sociali, ma sembra anche che sia appena uscito dal liceo…

L’approccio all’amore per i libri mi è piaciuto. Nonostante ciò, continuo a pensare che questa roba di “Benvenuti al Sud” non sia così divertente.

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Allora, finito di leggere in un paio di giorni durante il fine settimana.
Come scrive anche rapita, pure io all’inizio ho trovato fastidiosa la lunghezza delle frasi, con tante virgole e trattini e periodi che allungano inutilmente. Nel proseguire la lettura comunque tutto scorre, ma in generale a me non piace molto questo tipo di scelta stilistica perché perdo il filo della frase e devo tornare indietro per fare girare il discorso ( e mi scoccia).
Libercolo gradevole, d’intrattenimento, ma alla luce del commento di carbonian rivedo un pochino il giudizio. Sì divertente ma effettivamente ci sono una serie di cliché che alla lunga vengono a noia, esattamente come scrive nella sua chiusa è lo schema di benvenuti al nord già più che sfruttato. Anche io ho trovato un po’ dissonante l’idea che Israel ha dell’IRA: o davvero anche attualmente ci sono grandi pregiudizi da parte degli inglesi riguardo alla sua azione odierna, non frequentando le.zone non so. Oppure è un espediente che vorrebbe essere simpatico ma risulta solo assurdo, possibile che Israel creda davvero ci possano ancora essere mine o bombe piazzate? Mi aspetto un’idea del genere da un italiano trapiantato in Irlanda, non da un inglese mezzo irlandese.

Il protagonista è abbastanza simpatico, un po’ troppo sfigato ma tant’è. Non mi è chiara la scelta di renderlo ebreo, forse perché così risulta ancora più estraneo a tutti, i cattolici irlandesi e gli anglicani della perfida Albione.
Le vicende sono piuttosto telefonate, è chiaro che non tornerà a Londra così come non avrà più una fidanzata e, ipotizzo io senza aver letto altri libri della serie (è una serie quindi?), avrà in futuro una liason con George.

Da profanissima che con le lingue straniere non va molto d’accordo, mi chiedo se la scelta del traduttore di riportare il parlato irlandese con termini desueti è azzeccata. Nella lettura mi è piaciuta, nella realtà non so come potrebbe essere, non è sicuramente facile portare le sfumature in altre lingue (mi immaginavo più una scelta stile il sardo del bidello scozzese dei Simpson).

Non so se prenderò altri libri della serie, forse sì perché comunque nel.complesso mi ha divertita e svagata

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Teniamo presente che il libro è del 2006 mentre il film “Giù al Nord” è del 2008, per cui sono passati un po’ di anni e teniamo presente anche che quando si esagera con gli stereotipi, come nel libro e nel film, di solito è per criticarli. Poi se i nord irlandesi siano proprio come descritti io non lo so, sicuramente molte delle descrizioni corrispondono a quelli che sono i miei pregiudizi. Si veda, per capirci qualcosa di più, la bella-bella serie TV intitolata “Derry Girls” (2018-2022) anche se ambientata negli anni '90 che descrive, suppongo con competenza, la vita in Irlanda del Nord.

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Grazie pepsy. Mea culpa perché non ho proprio guardato nulla sul libro pertanto neppure l’anno di pubblicazione. Allora è benvenuti al nord che copia! Ahahah
Mo’ mi spulcio gli altri libri della serie e la serie che suggerisci. Grazie

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C’è un libro spagnolo, La tesis de Nancy, di Ramón J. Sender, dal 1962, che racconta le esperienze di una studentessa americana a Siviglia. Ho parlato del film e non di questo romanzo (molto divertente), perché immaginavo che voi non lo conosciate, ma questa roba del shock culturale è antichissima.

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Vado subito a cercare il libro che hai citato visto che è divertente e ambientato a Sevilla. Comunque hai ragione a ritenere che lo shock culturale è roba vecchia.

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L’ho letto quando ero al liceo, perché l’autore è studiato nella Letteratura Spagnola, quindi è possibile che non sia così buono come io lo ricordo… Infatti, parla dei zingari in un modo che oggi sarebbe giudicato molto razzista.

Se hai qualche dubbio (ad essempio, perché Nancy è impegnata a mettere un asino nella Giralda), ti aiuto volentieri.

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Sto leggendo il libro, con una certa difficoltà perché il mio spagnolo risale ai tempi del Liceo e, oltretutto, il libro è letterarlmente pieno di parole e/o espressioni intraducibili e che non ci sono nel mio vocabolario. Mi contento di capire il senso generale della storia e il tono del racconto. Grazie per la segnalazione.

Dato che voi mi date tanto aiuto con il mio pessimo italiano, mi offro volentieri a spiegare qualsiasi cosa sia necessaria.

Anche a me, come avete detto in molti, di fondo non mi è piaciuto anche se ho trovato alcune cose gradevoli e a tratti divertenti (ricordo solo un paio di episodi in cui mi ha strappato un sorriso).
Per chi lo ha letto in lingua originale mi domando come si traduce l’intercalare degli abitanti del posto: See.
Sono tutti molto religiosi, mai una parolaccia, quasi tutti astemi… ma è veramente così o anche qui c’è della licenza poetica?
Finale scontato che lascia aperta la strada ad altri libri della serie (in effetti, come vuole il principio della Pistola di Čechov, il fatto che lui dice sempre che deve tornare lasciava intuire che non sarebbe partito più)… anche se la scoperta del colpevole (tutta la città) era facilmente intuibile ma mi ha sorpreso comunque.
Insomma non so se darei un’altra possibilità a questo personaggio per qualche aspetto ricorda le disavventure di Fantozzi e Paperino messi insieme…

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Adesso non mi ricordo altre parole: gli irlandesi dicevano molto spesso “Aye”, che significa “Yes”, “Sì”. Dato che non l’ho letto in italiano, non so come sia stato tradotto e non riesco a individuare la parola a cui ti riferisci, mi dispiace.

Si, credo che l’espressione sia Aye. Nel libro (da una rapida ricerca) viene ripetuta ben 160 volte in contesti come:

“See?» domandò l’uomo senza guardare Israel.”
“See. Va bene», lo interruppe l’uomo”
«See», concordò Ted.

Grazie mille!

A me il libro è risultato abbastanza piacevole e scorrevole. Non eh che ti fa gridare al capolavoro eh, è una lettura leggera, che intrattiene bene, è perfetto come lettura estiva.
L’accento posto sui luoghi comuni, sugli stereotipi, ha senso perchè in esso si percepisce la critica verso quegli stessi luoghi comuni. Ad un certo punto, seguendo questa logica, i personaggi dventano quasi assurdi, si contrappongono a Israel che risulta sempre più decontestualizzato. A questo punto si aprono due fronti opposti, quello di chi ha stuidiato ma in pratica non sa nulla, e quello di chi in pratica sa tutto ma non ha studi alle spalle, ed è da questo lato che poi scaturisce il salvataggio dei libri, precedente mistero che Israel non è stato in grado di risolvere.
Come è stato già detto, il protagonista, ignavo totale in balia degli eventi, riesce a fare un’unica cosa che somiglia ad una scelta di sua mano, rimanere lì.
Mi pare che alla fine vincano tutti, Israel apparentemente trova il su posto nel mondo (ebreo errante), la fidanzata si libera di una relazione che si tiene in piedi evidentemente con gli spilli, e gli abitanti tornano ad avere la loro libreria itinerante. Bisogna capire come si evolvono poi le relazioni tra il protgagonista e gli autoctoni.

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Scusate la latitanza ma dopo l’estate passata quasi totalmente senza social mi è sempre più difficile tornare nel mondo digitale (e potrebbe anche giustamente non fregarvene una cippa).
Ad ogni modo ho trovato la scelta del libro molto deliziosa rispetto al periodo estivo: un buon connubio con la rilassatezza estiva che ognunə si meriterebbe.

Non ho molto da aggiungere se non che sono grato a questo gruppo di lettura - evviva noi per l’anno! - e in questo caso a @pepsy nella proposta; più che per il titolo in sè per la prospettiva che esistono libri “leggeri” che meritano di essere letti.

Come sempre mi limito a dare un contributo personale senza aggiungere a quanto avete detto (nel senso che avete già dato spunti ben centrati rispetto a quanto avrei potuto scrivere, e mi ritrovo nelle vostre riflessioni). Ho trovato piacevole la doppia capacità dell’autore nel farci empatizzare sia con Israel, con cui è più facile immedesimarsi forse per una realtà di provenienza “simile” ai più, sia con gli abitanti di Tundrum pur così ancorati ad una realtà molto identitaria; ma allo stesso tempo c’è modo di prendere le distanze da tutti i personaggi: da Israel per la sua indole e dagli autoctoni per il teatrino esasperante che avevano messo su.

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Causa bosco lo avevo lasciato a metà, finito oggi, letturina piacevole anche se con caratterizzazioni un po’ troppo naif per i miei gusti.

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