Il teorema del pappagallo - Discussione

Ed eccoci qui, alla fine di questo infuocato agosto, dopo proroghe e disperazioni a far partire la discussione su “Il teorema del pappagallo”.
Lascio a voi l’inizio :slight_smile:

Gli appunti presi a suo tempo sono andati persi nello scoppio del portatile da divano del quale mi sono lamentato già su mastodon.bida.im e quindi vado a memoria. Il libro lo avevo letto e ricordavo solo molto vagamente la trama e il fatto che mi era piaciuto. Rileggendolo devo confessare che mi è piaciuto un po’ di meno ma non voglio perdere tempo e chiedermi perché. Il punto debole del libro è secondo me la trama, una storia davvero esile che non riserva sorprese o spunti indimenticabili. I punti di forza sono due: è scritto e tradotto bene e presenta (con la scusa della storia) un interessante e divertente racconto della Matematica e dei suoi protagonisti. Per quelli come me, che sono stato sempre una schiappa in quella materia, la lettura mi ha aiutato a capire alcune cose che la mia ignoranza mi aveva negato. E questo, da solo, vale la lettura del libro.
Ho sempre trovato interessanti i libri che vengono definiti “divulgativi” soprattutto se riescono, in modo semplice, a spiegare argomenti anche complessi.
Un altro, piccolo, difetto del libro è che la famiglia protagonista somiglia un po’ troppo a quella dei Malaussene (vedi Pennac) il che, forse, si poteva evitare.
Sul libro non ho altro da aggiungere o non ricordo. Voglio invece segnalare un altro libro, sempre dello stesso autore (morto troppo presto) che pure ho letto con piacere, si chiama “Il Meridiano” ed è la storia, non so quanto romanzata, di quei due astronomi francesi che hanno “scoperto” il metro… e mi fermo qui con lo spoiler. In questo caso la trama è sicuramente più originale e intrigante, almeno per me. Anche questo è un bel mattone di 300 e passa pagine ma qualcun potrebbe essere curios di sapere perché il metro è lungo un “metro” e perché il chilo pesa un “chilo”. Finisco ricordando anche il terzo dei romanzi dell’autore intitolato “La chioma di Berenice” che però non ricordo di aver letto o no.

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Io lo lessi 25 anni fa appena uscito (nel 2000) e quando ho saputo del libro del mese sono andato a casa di mia madre per recuperare la mia copia. Ma quando ho iniziato a leggerlo mi sono accorto che mi ricordavo ancora la trama e quindi non ho continuato nella lettura (che ho letto è stata faticosa per molti) anche perchè avevo una certa sensazione di fastidio: c’è tanta matematica (e questo per me sarebbe un bene) ma neanche spiegata benissimo (e questo è un male) ed è li solo con la scusa di scavare nella matematica quando poi è il pappagallo che aveva sempre, letteralmente, in bocca la soluzione dell’omicidio (poi uccidere per un teorema… bah solitamente tra matematici c’è collaborazione…). Insomma specie il finale, ma un po’ tutto, non è stato il massimo per me ed ho un ricordo sempre un po’ sgradevole perchè non rispettava le mie aspettative.
Se vi piace leggere un libro sulla storia della matematica prenderei in considerazione (come feci sempre io 25 anni fa) il ben più solido saggio STORIA DELLA MATEMATICA di Carl B. Boyer che mi appassionò mille volte di più.

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La trama è di fatto molto “telefonata” fin dalle prime battute, a me quello che ha annoiato molto sono proprio le spiegazioni matematiche, a volte estenuanti ed inusitatamente lunghe, anche io sono amante della matematica e della storia ed inizialmente questo connubio è piaciuto, ma alla lunga era molto noioso

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Non saprei spiegare perchè c’ho messo così tanto a finirlo: non l’ho trovato così brutto, anzi non è certo la cosa peggiore che abbia letto. La cosa certa è che mi ha deluso perchè era iniziato con ottime premesse, il filone divulgativo sulla matematica andava bene a braccetto con la vicenda familiare (anche io, come @pepsy, ho trovato la famiglia mooolto calcata sulla falsa riga di Malaussene). Purtroppo con l’andare avanti mi è sembrato più evidente che la mira dell’autore fosse sbilanciata in favore della Storia della Matematica piuttosto che sviluppare l’intreccio (che si è risolto in modo un po’ banalotto).
Per tornare ai motivi di tanta lentezza nella lettura, che sono perloppiù personali, mi rendo conto a posteriori che l’autore sia stato più bravo nello spiegare i concetti matematici, soprattutto i più primitivi, credo (sarà anche perchè è roba che volenti o meno ci scontriamo tutt, a prescindere dagli studi), e quindi più piacevole nella lettura all’inizio, dal momento che la vicenda di Pierre è più debole

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Io credo di averci messo molto a leggerlo prima per la “troppa rilassatezza” mentale delle ferie e poi per l’esatto opposto causato dallo stress lavorativo, ma la prima parte mi è stata più faticosa probabilmente anche perché ho dovuto rispolverare le nozioni di matematica che a scuola amavo ma che poi avevo in gran parte dimenticato. A circa metà libro mi sono sbloccata e l’ho letto poi d’un fiato (anche perché mancava meno di una settimana) e devo dire che la cosa che ho preferito è stato riscoprire quanto mi piacesse e mi piace ancora la matematica (anche se molte cose continuo a non capirle) ma anche la scoperta della storia della matematica di cui invece ero a digiuno. La parte del giallo è carina ma non mi ha entusiasmato troppo.

E comunque ho scoperto con questo libro che i numeri arabi in realtà sono indiani! E la citazione che la seguiva mi è piaciuta molto “Nel corso dei secoli il mondo occidentale si è arrogato il diritto di dare un nome alle cose per conto di tutta l’umanità”, magari fosse l’unica cosa di cui il mondo occidentale si appropria…

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Il libro l’ho trovato pesante, pedante, lento, noioso.

Le spiegazioni matematiche erano troppo da professorino che si vuole rendere simpatico.

La famiglia mi stava sulle balle nello stesso modo in cui mi stava sulle balle quella di malaussene (come ho scritto anche nella recensione del paradiso degli orchi)

La storia era inconsistente e per nulla avvincente

Sì aprivano capitoli poi morti, tipo la madre dei gemelli che cade nel tombino e ne riesce incinta, come se poi dovessimo scoprire qualcosa e invece addio

Fin da subito era chiaro che il pappagallo era la chiave

In un mondo di miliardi di persone (5? 6? Non so quanti all’epoca della pubblicazione del libro) questo trio di amici meravigliosi si rincorre per il mondo. Non dico che debba essere plausibile, è un libro, ma poco argomentato e letterariamente (in)sostenuto a livello di trama.

I teoremi e la matematica, dopo anni di scientifico e università, ho scoperto di averli scordato. E forse, facendo autocritica, è proprio questo il motivo che non mi ha fatto piacere il libro: il fatto che mi ha messo di fronte all’inevitabile decadimento neuronale e di memoria!

La cosa che mi è rimasta impressa però è la questione dell’uso delle parentesi e dell’aiuto che hanno dato alle priorità nelle operazioni. Non lo sapevo, affascinante

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