Eccoci qui a discutere il secondo libro del Book Club.
A me il libro è piaciuto, è interessante sotto molti punti di vista.
In primo piano c’è a mio avviso una ridiscussione di quelli che sono i rapporti familiari, di come effettivamente si possa giudicare famiglia un nucleo solo per pure “biologia”, quando in realtà non ci si è mai conosciuti, e ne è la riprova il fatto che Vincenzo prova attrazione (ricambiata in realtà) per quella nuova arrivata senza curarsi del fatto che è sua sorella biologica, come lo sono anche i sentimenti che prova l’Arminuta (perché non ha un nome nel libro) per la vera madre, per la quale prova un po di compassione verso la fine ma sempre con un distacco emotivo importante, comunque vergognandosene sempre anche quando lei è “orgogliosa” della figlia parlando con la professoressa.
Si avvicina moltissimo ad Adriana che mi ha fatto riflettere molto sul discorso delle opportunità, l’Arminuta è vissuta negli agi che le hanno permesso l’accesso ad un’istruzione migliore, in un posto migliore, e la conoscenza di cose che Adriana si può solo sognare, come andare al mare che non aveva mai visto, per quanto si possa parlare di pari opportunità, queste soprattutto negli anni 70 in cui è ambientata la storia, non sono così semplici da cogliere, Adriana è/era destinata ad una vita come quella della madre, lavori di casa, molti figli ecc…
Adriana è comunque l’unico legame che viene mantenuto nel tempo e che le fa capire cosa significhi avere una sorella, e rimane l’unico legame familiare vero che la spinge a tornare ogni fine settimana anche quando si libera di quella situazione andando al liceo.
Liceo dove rimane ospite poiché la zia si separa dal marito per essere rimasta incinta in una relazione extraconiugale, di fatto poi ripudiando e fuggendo alla figlia non sua per prendersi cura esclusivamente del nuovo figlio e del nuovo compagno (tra l’altro stronzo e despota se posso permettermi).
Per ora basta sicuramente dalla discussione emergeranno altri spunti.
Anche ame è piaciuto, letto in pochissimo tempo. In effetti è una finestra su una situazione ben precisa, anche a livello cronologico, l’Abruzzo degli anni Settanta per certi versi non doveva essere un posto facile in cui vivere. In questo caso abbiamo una famiglia chiaramente non benestante, che complici tutta una serie di fattori, tra cui la scarsa alfabetizzazione, si trovano con talmente tanti figli da non avere sufficienti mezzi di sostentamento, e che si fa? Si “regala” una figlia, l’ultima arrivata, il problema da risolvere, a una lontana parente che a quanto par non può avere figli. Facile, liscio. Una cosa che magari adesso suona aberrante ma di cui ci sono diversi casi, figli cresciuti da parenti vari per motivazioni più o meno gravi. E la cosa sarebbe andata avanti senza problemi se l’intoppo della cattonazibigotta madre, guarda un po’ un figlio con l’amante, non fosse sopraggiunto a rovinare l’idillio. Tutto ciò per sottolineare le due cose che principalmente mi hanno colpito: la prima è la differente visione di famiglia (rispetto alla odierna), in cui la cura dei figli era pressoché nulla a fronte di una situazione economica tragica e di un aumento dei componenti del nucleo familiare incontrollato. I figli venivano su da soli, gli unici contatti fisici con i genitori erano le botte, niente studio se non quello obbligatorio. La seconda cosa che mi ha colpito è legata allo studio appunto, il fatto che l’insegnante minacci la madre biologia di mandare gli assistenti sociali se non avesse iscritto la figlia ritornata al liceo la dice lunga sulla funzione dei figli, appendici dei genitori che servono se femmine a governare la casa, se maschi a guadagnare lavorando appena possibile.
Una menzione particolare va al filo conduttore che lega tutta la storia, cioè l’ipocrisia. Ipocrita è la madre, che come ogni cattonazibigotta che si rispetti predica bene e razzola male, tanto da farsi ingravidare dall’amante. A quel punto la figlia prestata non serve più e può ritornare al mittente. Ipocrita è tutta la situazione che si sviluppa intorno all’Arminuta, in cui tutti sanno quello che è successo tranne lei, la diretta interessata che crede ancora che la madre abbia una grave malattia. Tutti le mentono, riparandosi dietro lo scudo della frase “aspettavamo che crescessi per potertelo dire”, anche la madre biologica che cerca di eludere ogni domanda scomoda.
In conclusione secondo me è un libro riuscito, perché seppur nella sua brevità rende tantissimi spunti su cui riflettere.
Il libro non mi è piaciuto, non dico che sia da buttare ma per me è stato uno di quei libri che appena finisci di leggerlo ti lascia subito e non con la voglia di sapere come continua la storia e/o che fine fanno i personaggi. Non credo sia un giudizio legato all’ambientazione o alla trama perché anche trame banali possono essere nobilitate dalla scrittura. A proposito di questa qualche volta sono “inciampato” leggendo qualche periodo ma sono sicuro che questo genere di scrittura sia voluto, come viene segnalato nella presentazione editoriale. Leggerò con curiosità e interesse cosa ne pensano quell* che invece hanno apprezzato il libro.
È piaciuto anche a me. Sono rimasto colpito anche io dalla superficialità con cui gli adulti gestiscano tutto: anche alla fine, il bimbo piange perché una mano era rimasta incastrata, ma viene liquidato dal “despota” come semplicemente un capriccio… senza un minimo controllo…
Bello il rapporto tra l’Arminuta e Adriana che, a pensarci bene, dovrebbe collimare col concetto di famiglia.
Quel pezzo ha colpito anche me, alla fine Adriana che è una ragazzina, ha dimostrato di avere più presenza di spirito e coraggio rispetto alla madre, che invece rimane paralizzata di fronte al divieto del nuovo compagno. Non solo, Adriana dimostra anche di avere più esperienza, dato che a casa sua c’è il fratello piccolissimo, e riconosce il pianto di dolore. In pratica i ragazzini mettono in evidenza l’inettitudine degli adulti, di tutti gli adulti presenti nel libro. Le stesse madri sono entrambe inette, quella non biologica perché decide di rispedire la non figlia al mittente non appena la sua situazione cambia, e quella biologica perché riesce a comportarsi come una madre solo in occasione della morte di uno dei figli, cioè nell’unico momento in cui il figlio in questione non ne ha bisogno.
Bè sto libro si è fatto ben volete subito. Scorre semplice. Voglio dargli una occhiata di nuovo per cercare di capire lo stile. L’ho già prestato, spero che torni. L’ho cercato in molti negozi dell’ usato ma alla fine l’ho trovato dalla concorrenza. Per 7 euro una giovane molto bella me lo ha ceduto. Ci siamo visti a Gardenie, vicino al capolinea del bus 558, il mio bus preferito. Mi ha fatto strano che la ragazza mi abbia raggiunto in auto. L’ho inizia a leggere sulla terrazza condominiale in compagnia di una birra e di una sigaretta.
Il libro mi è piaciuto sicuramente per vari motivi:
lo stile come già detto, per il carattere dell’arminuta coso resistente e tenace, per Adriana che è adorabile, per tanti ricordi di infanzia, per la trama interessante e infine per la critica sociale che comunque emerge.
Aggiungo il tema della sessualità che però mi è piaciuto di meno.
Mi è piaciuto molto il racconto della preparazione della conserva di pomodori in famiglia, dove anche i piccoli avevano un ruolo, e quando la famiglia ha mangiato il prosciutto assieme e il fratello maggiore si è raccomandato con gli altri di mangiarlo assieme al pane. Questo insegnamento con me ha attecchito bene e mangio sempre un sacco di pane.
L’altro ricordo è quello degli zingari giostrai, personaggi del paese temuti e ammirati.
Adriana invece mi piace metterla in contraposizione con i bambini di oggi, pieni di risorse allo stesso modo ma confinati nelle assurde regole dei loro genitori.
Anche a me il libro è piaciuto molto, sarà che sono abruzzese d’adozione e ho imparato ad apprezzare questa terra complicata e un po’ selvaggia.
Ho trovato davvero gradevole il modo di scrivere dell’autrice, diretto senza fronzoli ma con la capacità di essere leggerissima pur descrivendo situazioni difficili e delicate. Mi sono accorto che il libro mi stava piacendo davvero quando mi sono reso conto che spesso sorridevo mentre lo leggevo.
Ci sono molti passaggi che mi hanno colpito ma non starò qui ad elencarli tutti altrimenti non ne usciamo più. Menzione particolare, secondo me, il dramma della morte di Vincenzo, figlio indipendente e desideroso di libertà. Mi ha colpito l’incredibile divario tra la scarsa considerazione genitoriale del figlio quando era ancora in vita, condita di violenza e disinteresse a intermittenza, e la reazione (soprattutto della madre) esagerata ed estrema alla sua morte. Quasi impossibile comprendere il dolore causato dalla perdita di un figlio, ma questa disparità di considerazione mi ha dato da riflettere.
Se proprio devo fare una critica al libro, ho trovato alcuni personaggi e situazioni descritte davvero poveramente, quasi che fossero ai margini della storia. Uno dei fratelli dell’arminuta a malapena sappiamo come si chiama, e non c’è praticamente nessun approfondimento sui personaggi principali tranne (ovviamente) sulla protagonista e Adriana. Può essere che la cosa sia voluta come il non svelare i nomi di alcuni personaggi, e infatti ho apprezzato lo stesso il libro.
Per concludere, secondo me la Pietrantonio porta su carta un caso non così infrequente all’epoca dei fatti, e lo fa con decisione, senza nascondere nulla ma anche (Veltroni style) poesia, senza tralasciare il disagio, i traumi e le ferite che un evento del genere può causare.
La scrittura mi piace, curata ma non leziosa, ed è a mio parere reso bene il divario tra l’arminuta e il suo vecchio mondo che parlano bene e Adriana e il nuovo mondo che parlano dialettale.
La storia è coinvolgente e scorre via, la scelta di narrarlo dagli occhi dei minori è azzeccata.
Alcune questioni le ho trovate forse un po’ tirate. Come la sessualità tra Vincenzo e l’Arminuta, non portava molto al senso della storia in se. Vincenzo con pochi tratti si capisce che carattere ha, ci tiene ai fratelli minori ed è un buono. Inserire le parti in cui esplora il corpo della sorella estranea, o meglio entrambi si esplorano nei desideri, mi è parso forzato. Come per creare maggiore climax alla fine un po’ scontata che poi fa. Me lo immaginavo che sarebbe morto, non saprei dare delle motivazioni precise, ma mi è parso subito come quello che alla fine sarebbe morto.
Poi non ho trovato ben chiarito i motivi per cui la madre zia avrebbe dovuto abbandonare l’arminuta. Anche da incinta che senso ha? È rimasta incinta nel.peccato, grazie ad un tradimento extraconiugale, quindi è comunque già segnata secondo la visione di famiglia cattolica che ha in testa (fa il catechismo, quindi non è una scapestrata). Con queste premesse, ossia di persona che ha pesantemente deviato dalla linea della morale, che senso ha rimandare indietro la figlia “comprata”? Poi oh,senza questo non ci sarebbe il libro chiaramente, però non mi ha convinto molto. Immagino sia stata costretta dal nuovo compagno, che si capisce perfettamente non sia proprio il futuro marito ideale, però boh. Bah.
Adriana bellissima, il personaggio migliore, la più adulta e concreta e onesta di tutti quanti!
Credo che per il discorso della zia il sotteso sia il nuovo compagno, che sembra molto gentile ma che liquida in fretta le 2 ospiti quando viene contraddetto e sia magari il desiderio di rimanere incinta della zia che una volta avverato rende una bambina non sua come una cosa non più necessaria.
Il discorso di Vincenzo e della sessualità lo vedo come un voler rimarcare l’estraneità familiare tra l’Arminuta e gli altri tanto da rendere nullo un altrimenti enorme peccato come l’incesto, è davvero la tua famiglia un gruppo di estranei?
Della parentesi sessuale, piuttosto ininfluente a mio avviso, ricordo solo quella che forse è la descrizione più leggiadra e poetica di una sega che io abbia mai letto.
Non ricordo le esatte parole e non ho il libro sottomano al momento ma era qualcosa tipo “Vincenzo è arrivato da solo dove mi voleva portare”.
Pure fecondare il mare non era male.
La sessualità tra i 2 mi ha fatto storcere un po’ il naso. Per certi versi mi ha ricordato quelle scene un po’ sessuali che leggevo sui libri di wilbur Smith quando ero ragazzo (turgido è una parola che andrebbe bandita), quindi ho pensato che sia non una eroticità tipicamente femminile ma indotta. Io penso che maschi e femmine o uomini e donne siamo molto uguali quindi immagino certe cose possiamo immaginare allo stesso modo. Ma sul sesso non sono convinto.
Pure io l’ho interpretato in questo modo. Del resto nella stanza dell’Arminuta era rimasto solo il letto, il resto era stato requisito proprio dai lui per i modellini.
Alla fine la zia appunto è sì inetta come persona, ma fa di tutto per riavvicinarsi… quindi forse molto in fondo ci teneva.
Anche io ho inteso l’episodio sessualità come lo ha interpretato @twisterrm: serviva a rimarcare che appunto nonostante quella fosse la famiglia biologia, l’Arminuta era un’estranea.
L’unico rapporto familiare è quello con Adriana.
Secondo me per questo, come avete detto, un fratello manco viene nominato e l’altro, Sergio, è quello che fa esclusivamente dispetti.
Nell’indifferenza dei genitori tra l’altro che gli permettono di distruggere anche le cose che erano state donate alle ragazze.
Ecchime! A me non è piaciuto nella sostanza: probabilmente viene fuori la mia spietatezza, e aggiungo che si va su interpretazioni soggettive, ma ho visto nella rappresentazione delle vicende dell’Arminuta come una mira a far impietosire chi legge, calcando la mano di volta in volta nel carico di tragedie. Non fraintedetemi, la famiglia di mio padre viene da queste realtà e mi hanno raccontato di persone che hanno vissuto situazioni analoghe se non peggiori: non ritengo la storia inverosimile di per sè piuttosto mi ha fatto storcere il naso l’impostazione del romanzo.
Al contrario ho adorato la forma: su tutte mi è piaciuta l’abilità della scrittrice nell’anticipare con poche battute le vicende future rimanendo attaccata al treno del racconto del momento.
Anch’io l’ho interpretata così, il fatto che il fratello biologico provi attrazione per quella sorella sconosciuta e estranea, tra l’altro ricambiato, non fa altro che rimarcare la distanza tra i due, come se improvvisamente fossero diventati coinquilini piuttosto che fratelli. Il senso di questa storia all’interno della storia generale secondo me è proprio questo. E inoltre Vincenzo è l’unico, tra i fratelli, che cerca di creare un rapporto con l’arminuta, è l’unico dei fratelli che cerca di conoscerla. Poi c’è Adriana, che diventa subito parte di lei. Ma i fratelli, seppur parte della famiglia biologica, rimangono sostanzialmente estranei alla protagonista, solo Vincenzo esprime in qualche modo una certa volontà di accettazione della nuova sorella, anche se espressa in maniera deviata dall’estraneità appunto.
Il libro è stato piacevole anche per me. Ho apprezzato il modo di raccontare con piccole frasi di momenti e per immagini o odori. L’Arminuta, ovvero “La Ritornata” è una storia interessante e scorrevole. Apprezzato anche il colpo di scena nel finale che spiega l’assenza della madre adottiva (che non era malata ma aspettava un figlio da un altro uomo). Certo il suo comportamento è un po’ anomalo: ora che ha una figlia sua ha abbandonato senza troppe remore la figlia che aveva adottato sin da quando era piccola. Non che non possa essere realistico (accadono cose ben più strane nel mondo) ma ha in sé un non so che di cattiveria.
Mi ha colpito la scena di quando la ragazzina ritorna alla casa della famiglia adottiva ma oramai non la sente più sua e nessuno fa in modo di farla sentire a suo agio: è stato davvero estraniante. Il nuovo compagno della madre adottiva non sembra uno stinco di santo e ha in sé una vena di prepotenza maschile.
Finito il libro mi sono accorto che ci hanno fatto anche un film: quando posso sono curioso di vederlo.
P.S. Come già scritto in un altro post ho trovato molte analogie, per la storia delle due madri e per il fatto che la ragazza viene riportata indietro alla sua madre biologica, con un altro libro: Accabadora di Michela Murgia.
Per me meno Interessante de L’arminuta. E poi mi risuonava come di già letto, mi pareva di rivedere per certi aspetti la relazione tra Elena e Lila de L’amica geniale