Non avevo mai letto un romanzo con un* protagonist* e con una trama legata alle tematiche trans e per questo sono andato a leggermi prima la voce della wikipedia dedicata a chi ha scritto il libro. Di solito non mi interessa, almeno non subito, in che genere si riconosce uno scrittore o una scrittrice che non conosco ma in questo caso ho fatto un’eccezione solo perché sono in un gruppo di lettura.
Di seguito indicherò con dei numeri la parte e i capitoli del libro ai quali faccio riferimento, per esempio 1-2 indica la prima parte del libro e il capitolo 2.
Ho trovato un po’ noioso, soprattutto nella prima parte, il numero di “tic”, luoghi comuni e stereotipi tipicamente newyorkesi o in genere statunitensi. Probabilmente ho letto troppi romanzi e troppi fumetti e visto troppi film e serie con quell’ambientazione e reagisco male quando mi trovo davanti personaggi e situazioni ripetute. Capisco la voglia di inserire dettagli di vita reale nelle opere di fantasia ma negli ultimi anni sbuffo quando leggo “huevos rancheros e un cocktail mimosa” [1-3] o “bagel” [1-4, 1-5, 1-6, 1-17…], per la “pizza” lasciamo perdere
“Nevada” è (giustamente) pieno di parti dedicate alle tematiche di genere viste da un punto di vista trans ma, per come sono scritte, mi sono sembrate più adatte a un pamphlet che riflessioni soggettive della protagonista o di chi ha scritto il libro. Un po’ come quando si parla per slogan o usando frasi fatte. In altre parole se voglio leggermi un saggio sulle tematiche LGBTQIA+ so dove cercare, in un romanzo mi aspetto altro.
Una delle parti più interessanti è la 1-26 dove Steph “spiega” Maria, quella peggiore è la 2-13 che mi è sembrata scritta decisamente in modo trasandato. Ho notato nella storia una “simmetria” (non so se voluta o meno) nella descrizione del lavoro di Maria e di James: entrambi si comportano gentilmente nei confronti di clienti anziani che cercano cose inesistenti o introvabili [1-16 e 2-9].
Ho trovato un po’ disturbante il fatto che Maria e James si siano “riconosciuti” a prima vista: “Non appena Maria Griffiths vede James Hanson al Walmart di Star City, Nevada, pensa: questo qui è trans e non lo sa ancora.” [2-8]; “James ha già capito che questa tipa è trans” [2-9]. Stesso discorso per questa affermazione: “sa fiutare la cis-normatività da cento metri di distanza.” [2-11]. A me affermazioni del genere, richiamano alla mente vecchie teorie discriminatorie, tipo la “fisiognomica”.
Come scritto sopra, essendo completamente a digiuno rispetto alla letteratura di finzione che affronta queste tematiche non sono riuscito a capire se “Nevada” sia un romanzo dalla parte dei/delle trans o meno e questo perché dalla descrizione dei personaggi e delle loro azioni viene fuori un ritratto che mi sembra davvero poco lusinghiero, e sto usando un eufemismo. In altre parole quello che ho letto fa sembrare i/le trans persone non particolarmente sveglie e con dei grossi problemi psicologici che riguardano sia il rapporto con sé stess* che le relazioni con le altre persone. Un disturbo che non ha necessariamente connessioni con la loro situazione relativa al cambiamento di genere. Temo che descrizioni di questo tipo rischiano di rinforzare il pregiudizio di chi sostiene che i/le trans siano tutti malati mentali.
In conclusione quello che salvo di “Nevada” è la tematica, perché è interessante, ma lo stile di scrittura e la trama non mi hanno particolarmente entusiasmato.