Argomento per la discussione del libro
Occhio alla versione revisionata, io l’ho beccata per sbaglio e non solo il nome dell’isola e la filastrocca sono state modificate, ma anche lo stile di scrittura.
Anche io ho soldier island in inglese. L’edizione originale è stata modificata per via della N word. Comunque il senso non cambia. Effettivamente era molto offensiva, pensate quando dice che l’isola aveva la forma della testa di un nigger… Bruttino anzichenò
Ovviamente bruttarello, però secondo me risolvibile spiegando in una bella prefazione tutto quello che concerne il contesto sociale in cui l’opera nasce, non si deve giustificare nulla, si deve contestualizzare in modo da lasciare libera scelta se poi andare avanti con la lettura o meno. Come fosse un bel banner di avvertenza. Il fatto è che hanno adeguato anche lo stile di scrittura a tempi più moderni, non si sono solo limitati a cambiare una parola, almeno in quello che stavo leggendo io.
Ci stanno anche un sacco di robe sessiste… ma come poteva essere altrimenti nell’epoca in cui è stato scritto? Non è una giustificazione, si deve solo tenere conto del contesto sociale dell’epoca, che in questo aspetto, e in molti altri, era una merda.
Cambiare il nome dell’isola, oltre che essere una scelta irrispettosa del contesto storico del romanzo, significa fare un piccolo atto di attenuazione della posizione politico-sociale, sicuramente figlia dei suoi tempi ma non per questo meno colpevole, dell’autrice. Non si deve rendere politically correct un’opera che non lo è e non lo voleva essere. Giusto, è una parola offensiva, ma secondo me è un atto di giustizia inchiodare al proprio uso linguistico chi promuoveva tale posizione, anche indirettamente. Cancelliamo? No, ricordiamo, invece.
Nell’economia della vicenda significa anche poter perdere il fuoco sulla visione (dell’autrice? della/e persona/e responsabile/i?) che indirizza la direttrice morale degli eventi, su cui secondo me andrebbe fatta una discussione, ma non dico di più per evitare spoiler
Tutto giusto. Solo che negli Stati Uniti l’uso della N word travalica qualsiasi altra cosa, è proprio impossibile da usare a meno di non essere afrodiscendente.
Lasciare la parola lì per la casa editrice e detentorə dei diritti equivarrebbe a dire di condividerne il razzismo.
Vi faccio un esempio: ho letto Doolittle con il mio secondo figlio un paio di anni fa. Nel libro c’era una prefazione che si rivolgeva allə lettorə più giovani e contestualizzava le battute sullə indigenə del libro. In quel caso mi è parso molto giusto, sarebbe stato assurdo modificare il linguaggio del libro.
In questo caso non c’è niente da spiegare. Nigger è un termine che ha dentro di sè già tutta la sua spiegazione. Per voi sarebbe meglio mantenerlo nel testo solo perché siete voi la distanza dal termine (non vi sto attaccando, eh, intendo che siete, come me, bianchə).
Non so come spiegarmi, non c’è alcuna distanza possibile in America tra l’uso della parola e la condivisione del suo razzismo.
Io lo sto leggendo in inglese, non ho mai letto nulla prima d’ora di Agatha Christie e sinceramente di tutto quello che penso del libro, il fatto che ci sia scritto soldier e non nigger è veramente il minimo.
Magari il libro meritava di essere dimenticato e mai più letto, di affondare con il suo uso del termine razzista. Questo non saprei dirlo, è una possibilità.
Anche io credo che modificare il testo abbia meno senso che tenerlo contestualizzandolo. Anche se si mette soldier al posto di nigger non cambia come originariamente è stato scritto e pensato e come milioni di lettori lo abbiano letto senza porsi domande e senza battere ciglio.
Per questo trovo invece che sia più coerente lasciarlo anche e soprattutto per mettere in moto il proprio senso critico sia sull’opera che sull’autore della stessa. È pieno di artisti che hanno prodotto opere importanti eppure erano delle persone anche un po’ di merda. Qui si potrebbe aprire un dibattito credo infinito che porta a relativizzare tantissimi artisti. Non a togliere loro importanza eh, ma a ridimensionarne il mito quello sì
Vorrei spiegare un po’ meglio la mia posizione al riguardo, a quanto pare questo libro ha suscitato polemiche, come è anche giusto che sia. A mio avviso è solo uno dei tanti esempi di manipolazione di testi e di revisionismo storico. Il fatto più pesante secondo me è voler rendere a tutti i costi un testo più semplice e digeribile di quello che è, adatto a tutti diciamo, quando chiaramente non lo è. Il voler necessariamente uniformare il pensiero critico verso autori che nella storia si sono posti dal lato sbagliato (consapevolmente o meno) è a mio avviso un’operazione subdola volta ad anestetizzare quello spirito che permetterebbe di scegliere o meno un autore. Uniformando tutto, rendendo tutto light, digeribile e poco scomodo, non si fa altro che abbassare il livello intellettuale di chi si approccia a determinati libri, escludendo la possibilità di andare oltre le proprie concezioni. Per esempio, se non ho mai letto Agatha Christie e leggendo mi trovo davanti a parole come negro e a idee come “chissenefrega se sono morti tanto erano negri”, oppure a idee sessiste, posso fare due cose: la prima è smettere di leggere, perché non voglio o non posso con i mezzi che ho contestualizzare ciò che sto leggendo, la seconda è andare oltre e cercare di capire e contestualizzare, magari approfondendo in qualche modo. Questa scelta a mio avviso è sacrosanta. Perché un’altra persona deve prendersi il diritto di semplificare qualcosa che semplice non è? O meglio, nessuno ti dice che non si debba fare ma almeno dichiaralo a chiare lettere, in modo che sia inequivocabile il lavoro di riscrittura. Mettere una prefazione o un avviso vale in entrambi i casi, sia per le semplificazioni, sia nel caso dell’opera lasciata come in origine. Come ho scritto in precedenza, nella versione che avevo del 2020, non solo il nome dell’isola e la filastrocca erano cambiate (alleggerendo il senso e annullando alcune sfumature), ma anche lo stile di scrittura. Un libro dell’inizio del Novecento stilisticamente non può essere scritto come uno di questi anni, allora perché viene modificato anche lo stile di scrittura? Viene considerato troppo difficile? Troppo disturbante? In base a quale criterio? Così però si crea un falso storico, dato che la revisione del testo alla fine lo modifica in un modo che era inconcepibile negli anni della sua creazione. Senza contare che rendendo un autore light si procede anche a una pulizia della memoria. Scrivendo ogni autore si assume la responsabilità di quello che lascerà ai posteri, e si deve essere liberi di giudicare criticamente e con onestà un testo e chi l’ha scritto, e se si deve dire che Cristhie era una persona di merda lo si deve poter dire.
Tutta sta manfrina per dire che è chiaro che sia ingiustificabile scrivere in quei termini, inaccettabile e disturbante, è altrettanto chiaro però che serva una libertà di scelta nelle cose, anche in quelle “piccole” come la scelta di un libro.
Anche io ho l’edizione con “Soldier island”… addirittura il titolo è un mix dei titoli dati nei vari paesi: Agatha Christie - Dieci piccoli indiani. E non rimase nessuno
Non avendolo mai letto non mi sono soffermato molto su questa cosa ma alla fine del libro vi scrivo cosa c’è scritto:
Il romanzo in questione, come è noto, utilizza il classico schema della “camera chiusa” e si impernia su una filastrocca popolare, i cui dieci protagonisti muoiono uno dopo l’altro […] Attestata a partire dagli anni 1868-69, la filastrocca era originariamente musicata sia col titolo Ten Little Niggers sia con quello alternativo di Ten Little Indians e ammetteva, oltre al finale in cui il decimo personaggio si impicca, anche un lieto fine col matrimonio dell’ultimo sopravvissuto. Il crime novel che esce nel novembre 1939 da Collins a Londra si intitola Ten Little Niggers; la vicenda si svolge a Nigger Island e le statuette rappresentano “ten little Niggers”. Il termine nigger però è inaccettabile negli Stati Uniti, dove il romanzo è pubblicato da Dodd, Mead & Co. nel gennaio del 1940 col titolo And Then There Were None, tratto dall’ultimo verso della filastrocca anziché dal primo; Soldier Island è il nome dell’isola e i dieci sono “little soldier boys”. (Sempre negli USA per qualche anno si affacceranno in libreria anche dei paperback col titolo Ten Little Indians e con le conseguenti modifiche dei nomi dell’isola e dei protagonisti.)
> Oggi il titolo invalso sia in Gran Bretagna sia negli Stati Uniti è And Then There Were None, l’isola si chiama Soldier Island e i dieci sono “little soldiers”. In Italia, nel 1946 Arnoldo Mondadori Editore pubblica come n. 10 della nuova serie dei “Libri gialli” … e poi non rimase nessuno. Dal 1977 il romanzo diventa Dieci piccoli indiani; il vecchio titolo passa sottotitolo, per poi eclissarsi. I lettori che hanno sempre sentito chiamare questo romanzo Dieci piccoli indiani, a partire da questa nuova traduzione di Lorenzo Flabbi possono cominciare a famigliarizzarsi anche col titolo corrispondente a quello inglese, ovvero… E non rimase nessuno, usato anche per l’adattamento teatrale […]
Comunque parlando del libro (che ho finito di leggere proprio oggi), mi è piaciuta l’intricata trama avvincente ma il finale lascia davvero a desiderare secondo me. Senza l’epilogo non si capisce un granché e potresti pensare a qualcosa di diverso. Avevo intuito che fosse necessaria la complicità di qualcuno ma forse l’assassino era fin troppo scontato ma solo perchè l’epilogo svela tutto così facilmente… mi sarei aspettato qualcosa di più spettacolare (non scrivo dettagli per non svelare il finale a quanti devono ancora finire di leggere… e perchè non so come nascondere il testo qui per evitare spoiler). Comunque fino alla fine mi sono divertito ad eccezione, come detto, del finale affrettato.
Ma a parte la parola con la N che hanno sostituito giustamente, tutto ciò non mi spiega perché hanno sentito il bisogno di cambiare lo stile del testo, di semplificarlo così tanto. Scusate sto a rompe le palle con sta storia mo smetto. Per la discussione sulla storia rimando a quando sarà scaduto il tempo e tutti l’avranno letto, e prometto che sarò meno rompicazzo
Non voglio aprire troppe parentesi, però avevo già discusso con altre persone della faccenda legata alla rivisitazione dei libri legati a Roald Dahl e appunto alle modifiche fatte. Ma non alle traduzioni, proprio ai testi originari.
Io in generale non concordo col modificare l’opera di un autore, che per vari motivi l’ha concepita così. Perché cambiarla? Dare degli strumenti di inquadramento e spiegazione ok, auspicabile, ma modificare no. È come le statue greche a cui hanno messo la foglia davanti a coprire le pubenda
Comunque anche il titolo originale è stato cambiato. Aveva lo stesso titolo della filastrocca. Io non giudico l’autrice troppo duramente per il suo essere razzissta, avendo presente più o meno il contesto storico, inoltre la stessa autrice esprime un pensiero di fratellanza universale attraverso la signora Brent e aggiungo che il razzismo è espresso da personaggi con una morale abbastanza discutibile.
Mi piacerebbe anche che ci soffermassimo sul tema della giustizia e delle pene. L’idea della pena di morte mi disgusta quanto le idee razziste ma evidentemente all’epoca erano comunemente accettate.
È triste che in molti casi sono accettate tutt’ora
Non è la traduzione, ma l’edizione. L’ho letto in inglese col titolo And Then There Were Non e la storia si svolge a Soldier Island… Ma tirare fuori la parola N non significa che il razzismo e il colonialismo inglesi non siano presenti.
Anch’io penso che deva essere il lettore a scegliere che vuole leggere. Sono una donna e la maggioranza dei libri scritti nella Storia della Letteratura sono maschilisti. I romanzi che parlano della Antica Roma parlano della schiavitù. Ogni cosa nel suo contesto e basta. (Avrò commesso 70000 errori, non mi sono fermata a badarmi della grammatica ).
Penso che l’idea de Brent non sia la fratellanza universale… Lei parla della Bibbia e si vanta della su moralità, ma le sue azioni la smentiscono.
Siccome ho una memoria di merda, è probabile che tra qualche giorno io mi sia già dimenticato, quindi scrivo qui due appunti sulla storia con spoiler alert. (Spoilerone sul finale e sull’assassino. Vi ho avvisati!)
Ci sono due momenti secondo me che non sono affatto credibili nel libro. Il primo è quando spiega il piano del giudice Wargrave e racconta di come ha inscenato la sua morte con parrucca e mantello scarlatto. Solo che nella parte iniziale racconta di come i personaggi siano sorpresi della scomparsa della tenda scarlatta. Quindi il dott. Armstrong, complice dell’assassino a sua insaputa, non ha detto nulla quando l’ha vista ricomparire sulle spalle del giudice? Nessun dubbio? Dai.
E poi la parte dove Vera si impicca da sola immaginando il suo Hugo, mentre nella stanza c’era il giudice. Dalla descrizione non sembrava così sconvolta (ha persino sparato a bruciapelo al penultimo superstite) da scambiare un vecchio corpulento con il suo amato, e poi perché uccidersi? L’incubo era finito e lei era salva. Sensi di colpa? Mah, troppo facile, per me non sta in piedi.
Per i commenti in generale sul libro invece attendo che tutti finiscano, ma ho trovato la lettura gradevole e interessante fino alla fine.
A me non è piaciuto, lo ho trovato anche un pochino insulso.
La scrittura, nonostante di inizio secolo quindi sulla carta piena di “svolazzi”, mi è sembrata molto sempliciotta con periodi banali e alquanto noiosi. Non ho sentito la tensione come non ho sentito quella che poteva (e doveva) essere la disperazione dei malcapitati, non è possibile che almeno fino ai primi 3 omicidi questi tizi continuino a condurre un’esistenza quantomeno normale.
C’erano stati maestri della tensione narrativa, basti pensare a Poe, Doyle, Lovecraft, i primi 2 molto più vecchi e l’ultimo quasi contemporaneo.
Il finale è quantomeno approssimativo e pieno di buchi narrativi, come già fatto notare da @yaku rispetto alla tendina sparita che Armstrong non nota minimamente, ad un’impiccagione insulsa rispetto alla salvezza agognata, si potrebbe dire sensi di colpa ma non traspare minimamente da una narrazione frettolosa.
Quando Wargrave esce da casa e poi per simulare qualcuno entrato dalla finestra rompe la stessa lo fa dall’interno, un poliziotto come Blore avrebbe notato palesemente che i residui dei vetri si sarebbero trovati fuori e non dentro.
È tutto molto raffazzonato, se poi ci mischiamo anche il razzismo, la misoginia (nonostante sia scritto da una donna) e il classismo (c’è un periodo agghiacciante in cui Lombard si riferiche e Rogers come «Splendido esemplare, il perfetto domestico. Continua il suo lavoro come se niente fosse» neanche stesse parlando di un cane ad una mostra) sarebbe stato un libro che avrei lasciato a marcire sul mio comodino dopo poche pagine, nonostante la brevità.
Interessante sarebbe stato se alla fine ci fosse stato un colpo di scena dove le donne e i domestici avessero avuto la loro rivalsa sugli altri come se fosse una critica sociale, ma così non è.
Approvato ma con riserva. Questa è stata una delle mie prime letture in inglese, avevo a casa una vecchia edizione il cui titolo era “And then there were none”, quindi la storia la ricordavo. Tralasciando tutte le discussioni sulle traduzioni e cambiamenti di parole, già ampiamente dibattute in precedenza, la cosa che più mi infastidisce leggendolo, e che all’epoca avevo colto poco o l’avevo dimenticato, è che in ogni pagina, in ogni capitolo, c’è sempre qualcosa di sessista, razzista e classista. Come già detto, tutto il libro è pervaso da queste idee incancrenite, che io capisco il momento storico, capisco la tua cultura, ma tu, che sei una donna scrittrice, con tutti i cavolo di problemi che questo ti ha procurato, tu veramente non riesci a distaccarti da st’idea retrograda della donna delicata di nervi che all’inizio non viene nemmeno presa in considerazione come killer?? Veramente non era possibile uscire da questo modo di pensare? Veramente non era possibile evitare gli stereotipi di genere, oltre a tutti gli altri, e far uscire fuori tutto il peggio dell’epoca culturale in cui Christie è vissuta? Non so, ma a sto punto spero che il suo spirito critico non fosse poi così sviluppato, perché in caso contrario significherebbe che consapevolmente abbia voluto scrivere una storia piena di sti cancri. Di per sé trovo la storia un passatempo, che è come in effetti era stata concepita in prima battuta dato che usciva a puntate su non so quale rivista, una specie di racconto d’appendice dunque, che però alla fine non ha capito nessuno, cosa da cui è nata la necessità di aggiungere il capitolo finale con la spiegazione di tutti gli omicidi e del movente di Wargrave. Non direi molto altro a riguardo, la storia ha ispirato altri personaggi e film, è un classico del genere in cui gli avvenimenti si svolgono in una scatola chiusa da cui nessuno può entrare e uscire. Riguardo al finale, come anche altri hanno sottolineato, mi lascia un po’ perplessa l’impiccagione sommaria dell’ultima sopravvissuta, che, non si sa come, confonde il suo ex con il giudice…e poi si impicca per i sensi di colpa. Mha, anche questo non posso far altro che leggerlo come una dichiarazione di debolezza “tipica” delle donne, che si lasciano suggestionare, abbacinare e alla fine annientare dai sentimenti, che non riescono a distinguere la realtà dalla finzione nemmeno quando hanno di fronte in carne e ossa il personaggio artefice di tutto, poveri esseri senza controllo su loro stesse. Sorvolo sul razzismo e sul classismo perché veramente non c’è nulla da dire oltre quello che abbiamo già detto.
Ah! Poi vorrei aggiungere un pensiero su Brent: apparentemente tramite lei vengono inserite idee di eguaglianza; secondo me nulla di più fuorviante, l’idea è quella tratta direttamente dalla Bibbia di cui il personaggio si fa portavoce, un personaggio che è quanto di più gretto, maligno e ipocrita possa esistere, e che comunque avalla stereotipi sessisti e di genere.
Parto dall’idea di base del libro, ossia un classico scenario da stanza chiusa (che in questo caso è ampliato ad isola isolata da tempesta). L’idea è sempre buona ed è stata declinata in svariati modi da numerosi scrittori. Qui secondo me è deboluccio il tutto perché il personaggio che ha architettato tutto sarà sì un giudice ma questo non significa che sia in grado di darla a bere a tutte quelle persone, sopratutto a chi è del mestiere come l’ex poliziotto o a chi è più sgamato di altri come l’avventuriero Lombard. Trovo poco consistenti le spiegazioni di come si sia riusciti a convincerli tutti ad andare sull’isola, di come il giudice abbia ucciso tutti senza essere scoperto e inoltre di come abbia individuato il momento perfetto di burrasca che non permettesse di muoversi dall’isola.
Sicuramente la brevità aiuta nella lettura ma non mi ci sono trovata immersa sia per la scrittura sia per le descrizioni sia per il tratteggio delle caratteristiche dei personaggi: resta tutto in superficie senza alcun approfondimento interessante. La storia migliore era quella della ragazza a mio avviso, ma anche lì tratteggiata per cliché.
Sorvolo su razzismo e pregiudizi che sono assolutamente in linea con l’immaginario dell’epoca in cui è uscito.
Non sapevo che fosse stato pubblicato ad episodi, questo spiega la narrazione a singhiozzo e anche un po’ la superficialità. Ma fino ad un certo punto è giustificato dalla pubblicazione ad episodi, basti solo ricordare che pure un tomo come L’idiota ha visto la sua natura nel medesimo modo e l’attenzione ai dettagli è ben diversa
Integro il mio primo commento, confermando che mi sono divertito a seguire la trama apparentemente intricata: però è stata una lettura leggera, oserei dire quasi estiva senza alcuna suspence. Sarà forse che siamo abituati a leggere o vedere film con trama ben più intrigati, questo era quasi un corso base per scrittori di gialli. Per cui citando Anton Cechov che diceva che se in un romanzo compare una pistola, bisogna che spari, il fatto che si fosse fatto riferimento ad una tendina sparita era evidente che questo fatto avesse uno scopo. Ma considerando l’anno in cui è stato scritto il romanzo, immagino che debba aver fatto presa su molta gente.
Francamente ritingo le dinamiche tra i personaggi sin troppo semplificate: ci sta il primo morto (forse), ma dal secondo, terzo morto, la gente non entra nel panico? Il maggiordomo continua a cucinare e ad accudire gli ospiti anche se la moglie gli è morta da poco? Ecco questa sembrava più una parodia, un giallo alla Greg e Lillo. Ma ripeto, forse per l’epoca in cui i lettori non erano così smaliziati e per il fatto che fosse stato scritto a puntate (immagino un morto ad ogni puntata) avrà avuto un suo perchè.
Per quanto riguarda il razzismo e pregiudizi non mi ha dato fastidio perchè sapevo quando era stato scritto il romanzo e anzi, non trovare riferimenti del genere quando si parlava di alta borghesia, sarebbe stato altrettanto strano.
Secondo me, dove il libro ha lasciato a desiderare è stato il finale. Senza la spiegazione dell’epilogo non si sarebbe capito un granché e potevi immaginare che i fatti si fossero svolti diversamente. Avevo intuito che fosse necessaria la complicità di qualcuno ma, dopo che leggi l’epilogo che svela tutto così facilmente, l’assassino risulta essere fin troppo scontato. Mi sarei aspettato qualcosa di più spettacolare. Ma ripeto: forse sono abituato male io a vedere troppi colpi di scena nei finali in film alla Fight Club (ok non è un giallo ma per intenderci).
Comunque, tirando le somme, fino alla fine mi sono divertito ad eccezione, come detto, del finale affrettato.